TARQUINIA ETRUSCA: PORTA ROMANELLI

La mia passeggiata a Porta Romanelli dal canale youtube ArcheoTime 

ti spiego in modo semplice e veloce come arrivare a Porta Romanelli

PORTA ROMANELLI NON E’ UNA PORTA ETRUSCA QUALSIASI

Porta Romanelli a Tarquinia non è una “porta” qualsiasi, ma è una porta che ci racconta la storia e le storie che ruotano da secoli intorno alla cosiddetta “Civita”. Sì perché non ci troviamo nell’attuale borgo medievale, ma nei pressi di quella che fu la città etrusca, là dove avvenne la “rivelazione” dell’Etrusca Disciplina, con il Giovane-Vecchio Tagete spuntato all’improvviso da un solco nel terreno, davanti agli occhi stupefatti di un contadino che arava.

Porta Romanelli ha in se stessa quegli indizi che come in una caccia al tesoro troviamo sparsi un po’ qua e un po’ di là nel territorio della città etrusca di Tarquinia: una serie di elementi che rimandano al Vicino Oriente, quell’Oriente che ad un certo punto della storia del Mediterraneo, invase tutti con la sua cultura.

Qui a Tarquinia, in particolare, il Vicino Oriente si fa presente in tanti e vistosi modi, come i recenti studi sul Tumulo della Regina ci hanno mostrato. Ma qui a Porta Romanelli gli indizi della presenze di maestranze Vicino Orientali si moltiplicano e si manifestano ancora di più.

TARQUINIA IN COMUNICAZIONE CON L’ETRURIA INTERNA

A ridosso del settore settentrionale della grande cinta muraria fortificata si apre una delle porte di accesso alla città, conosciuta come “Porta Romanelli” che metteva in comunicazione Tarquinia con i territori dell’entroterra, con l’importante percorso che, attraverso la Valle del Marta, conduceva al cuore dell’Etruria interna. Del complesso di accesso, del tipo a camera interna con porta e controporta, e forse con copertura a volta, si conserva una parte della struttura portante, costruita con grossi blocchi squadrati. La cinta fortificata ai lati della porta è formata da due cortine di conci squadrati con riempimento interno di sassi e terra. Le mura in alcuni punti sono realizzati con la tecnica “a telaio”: realizzate con pilastri portanti di blocchi squadrati, alternati a pannelli di pietrame a secco (lo puoi vedere nel primo video ai minuti: 2.06 e 2.37).

PORTA ROMANELLI E IL VICINO ORIENTE

La cinta fortificata in opera quadrata (a difesa non solo del Pian di Civita ma anche del vicino Pian della Regina) risulta impiantata in epoca Arcaica (VI secolo a.C.). Una datazione in tal senso non stupisce, in considerazione di quanto conosciamo della storia di Tarquinia che proprio nel VI secolo raggiunge il suo apogeo, e riporta alla memoria quanto sappiamo dalla tradizione letteraria secondo la quale l’introduzione a Roma delle mura in opera quadrata risale proprio alla dinastia dei re etruschi, in particolare a Tarquinio Prisco, come ci dice Dionigi di Alicarnasso:

Egli [=Tarquinio Prisco] per primo fece costruire, con grandi pietre ben lavorate e di forma regolare, le mura della città che, in precedenza, erano di fattura improvvisata e grossolana” (Dion. Hal., Antichità Romane III, 67.4).

Gli scavi ormai trentennali hanno evidenziato la dimensione pre-civica della comunità tarquiniese che si raccoglie fin dal X secolo a.C. attorno a un crepaccio con l’adiacente sepoltura del bambino affetto dal morbus sacer. Questa deposizione, insieme alle altre, sottolinea i momenti salienti della prassi rituale svoltasi nel “complesso monumentale” per un lungo arco di tempo, come a più riprese ha rilevato M. Bonghi Jovino, ricollegandole allo sviluppo sociale della comunità.

Sulla base di questa certezza di continuità di vita e di riferimento simbolico del “complesso” per la comunità tarquiniese, assume particolare rilevanza la tecnica dei muri “a pilastri”, introdotta dal Vicino Oriente antico fin dal primo quarto del VII secolo a.C.

MURI A PILASTRI

La tecnica di costruzione delle strutture murarie ha consentito di definirla “a pilastri”: è un’opera muraria con tratti molto tipici che presentava una tessitura di pietrame irregolare contenuta da pilastri. Tale tecnica e lo spessore dei muri contribuivano a dare imponenza e solidità alla costruzione. I muri poggiavano o su roccia o su degli interri (lo puoi vedere nel primo video ai minuti: 2.06 e 2.37).

Tali muri risultano dal punto di vista struttivo ispirati dai murs à pilier del Vicino Oriente ( e tale tecnica sembrerebbe diffusa dai Fenici nel Mediterraneo occidentale). Va però ulteriormente sottolineato come questo “sistema” appaia finora attestato per la prima volta a Tarquinia in quanto in precedenza si annovera esclusivamente la presenza dell’opera pseudo-poligonale e similari (G.Colonna in Rasenna, p. 398 ss.).

E’ molto probabile che si tratti di una tecnica legata piuttosto ai Fenici orientali, al corridoio siro-palestinese in particolare, ma comunque impiegata in un’area assai ampia verso Oriente. E’ un metodo di costruire, in realtà, che appare lontano dalle tecniche impiegate sia in Etruria che, allargando l’orizzonte, a Roma o nei centri etruschi.

I MASTRI-COSTRUTTORI VENUTI DALL’ORIENTE

E’ evidente che l’arrivo di tecniche architettoniche “nuove”, contrariamente a quanto avviene per gli oggetti mobili, non possa essersi verificato senza uno spostamento fisico di maestri-costruttori. Deve essere ritenuto quindi molto probabile l’arrivo a Tarquinia di un maestro-costruttore Orientale. Che questa tecnica edilizia sia stata poi lungamente applicata è dimostrato dalle strutture dell’Edificio C della “Civita” fino alla Porta Romanelli, dove hanno un terminus post quem in un deposito e in alcuni strati arcaici sui quali insistevano, così come da quelle analoghe di Gravisca dove risultano attestate tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C.

In altri termini a Tarquinia, anche attraverso la mediazione levantina, arrivano dal Vicino Oriente variegati apporti culturali a livello di importazioni e di elaborazioni, dovute anche a maestranze esterne che fisicamente si installano nel territorio.

NUMEROSE ERANO LE PORTE URBICHE DELLA CIVITA ETRUSCA

Ma Porta Romanelli non era l’unica porta di accesso e numerose erano le porte urbiche dell’antica città etrusca di Tarquinia, generalmente situate in corrispondenza di spaccature naturali. Una di queste probabilmente si apriva nell’estremità settentrionale della Civita, là dove in basso è sostenuta da un muro a grandiosi blocchi poligonali: è ancora visibile una strada che esce dalla città, nel suo tratto iniziale posizionata tra le rupi, purtroppo però ad oggi invasa da una fitta boscaglia. Il tracciato delle mura proposto da Romanelli è di circa 8 km e include al suo interno (per un’estensione complessiva di circa 135 ettari) oltre Pian di Civita e Pian della Regina, sedi accertate dell’abitato etrusco e romano, anche il vicino colle della Castellina.

“PORTA ROMANELLI” COME UNA PORTA SCEA

 “Porta Romanelli” si trova al centro del lato Nord della cinta muraria, in corrispondenza di quella depressione naturale che divide “Pian di Civita” da “Pian della Regina”. Con la caratteristica disposizione a porta “Scea”, era probabilmente coperta ad arco con due fornici, uno all’esterno e l’altro all’interno, e con una camera interna quadrangolare, larga all’incirca quanto lo spessore delle mura in questo punto (m 3,90 circa). Ai lati della porta sono ancora conservati lunghissimi e grandiosi tratti di cortina che in alcuni punti raggiungono i quattro metri di altezza con otto filari di blocchi. Le mura formano qui una sorta di tenaglia e la strada che saliva dal fondovalle costeggiava la cinta in modo che chi saliva si trovava ad offrire ai difensori il fianco destro non protetto dallo scudo.

Gli interventi di scavo di Romanelli (anni ’30) purtroppo hanno compromesso la lettura stratigrafica di questo settore delle mura e non permettono oggi di chiarire il rapporto tra mura a telaio e mura in opera quadrata. Resta aperta l’ipotesi che la stretta intercapedine attualmente visibile tra le due strutture sia il risultato di uno svuotamento effettuato nello scavo del 1938 e che in origine in realtà essa non esistesse ma fosse invece colmata da materiale di riporto, costitutivo di una sorta di opera a sacco: se così fosse anche a Tarquinia  (come a Vulci) le due murature, affiancate, darebbero luogo a un’unica massiccia struttura.

Francesca Pontani

Copywriter & Storyteller & ContentEditor Sono un'archeologa che senza l'archeologia non vive: Archeologia e Comunicazione Web 3.0 per me sono vitali come l'aria! Professionista della comunicazione web mi occupo di promuovere il tuo brand attraverso storytelling coinvolgenti ed emozionali: attraverso parole, immagini e video. Per collaborazioni di lavoro: www.francescapontani.it il mio blog archeotime.com Pubblico video on the road sul mio canale youtube ArcheoTime

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